mercoledì 30 gennaio 2013

Siamo ricchi...si ma come nel 1986!!


Grazie euro, grazie Monti, grazie Europa. Il reddito disponibile degli italiani scivola ancora e nel 2013 tornerà ai livelli di 27 anni fa. Secondo un’analisi di “Rete Imprese Italia” il dato è sceso a meno di 17.000: precisamente, 16.955 euro pro capite, contro i 17.337 dello scorso anno. Nel 2007, anno di inizio della crisi, il reddito medio degi italiani era di 19.515 euro. In pratica, sono 2.500 euro in meno dall’inizio dell’esplosione della grande crisi che sta scuotendo l’Occidente e letteralmente mettendo in ginocchio i paesi dell’Eurozona, dove gli Stati hanno perso ogni forma di sovranità finanziaria e sono “costretti” a ricorrere alla spirale suicida dell’inasprimento fiscale su famiglie e aziende. E’ la prova di quello che gli economisti definiscono “economicidio”: impoverire un paese a tavolino, tagliando la spesa pubblica che sorregge il benessere diffuso e quindi anche il settore privato, con la domanda di prodotti, servizi e consumi.
Calato nel 2012 del 4,8%, il reddito disponibile reale pro capite scenderà sotto la soglia dei 17.000 euro nel 2013. «Questa previsione – spiega Mariano BellaMariano Bella di “Rete Imprese Italia” – determina un salto indietro al 1986». Un quarto di secolo letteralmente “azzerato” dalla morsa del rigore, che azzoppa la finanza pubblica proprio nel momento in cui – secondo gli analisti non allineati al Monti-pensiero, sostenuto in Parlamento da Pd e Pdl – il settore privato dell’economia avrebbe un bisogno vitale di sostegno pubblico, a cominciare dal fronte cruciale dell’occupazione per i giovani. Solo un intervento diretto dello Stato, fa notare il sociologo Luciano Gallino, potrebbe produrre occupazione immediata in settori-chiave come quello dell’energia e della manutenzione del territorio: occupazione che avrebbe il potere di invertire automaticamente la rotta, risollevando l’economia. Lo ha detto anche il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker: di sola austerity si muore. E ormai lo ammette persino il Fondo Monetario Internazionale: “ricette” sbagliate, costi sociali del rigore completamente sottovalutati.
Per i consumi italiani, secondo “Rete Imprese” lo scenario negativo continuerà anche nel 2013 con una ulteriore flessione per i consumi reali pro-capite dell’1,4% sul 2012, con valori che li riporteranno indietro di 15 anni. I consumi reali pro capite saranno pari a 15.695 euro: per ritrovare un dato analogo bisogna tornare al 1998, quando i consumi reali pro capite erano di 15.753 euro. E il peggio deve ancora venire, sotto forma di “pareggio di bilancio”, come richiesto dal Fiscal Compact. «Sta arrivando l’inferno – avverte Giorgio Cremaschi – e sembra che i candidati alle prossime elezioni, tutti quanti, non se ne siano accorti: nessuno denuncia il pericolo mortale del taglio alla spesa pubblica e del prelievo aggiuntivo di 40 miliardi all’anno, col pretesto di ridurre il debito». Luciano Borin, per trent’anni dirigente della Banca Mondiale, in un post su “Libre” si dichiara «attonito dalla leggerezza con cui il nostro paese può avere avallato una richiesta di pareggio bilancio». Obiettivo pazzesco e suicida, totalmente italiani impoveritiirraggiungibile, «a meno di avviare l’Italia verso una spirale irreversibile di povertà», secondo un processo «già abbondantemente iniziato».
«I fallimenti e le chiusure di tante imprese dovrebbero esserne un segno allarmante», ulteriormente confermato ora dalle drammatiche previsioni di “Rete Imprese”. «Il governo dei tecnici ha fallito quanto quello precedente», dice Borin, e «il vero baratro non è ancora arrivato». Fiscal Compact, pareggio di bilancio: «Mi sembra che la direzione presa, se è stata presa, porterà inevitabilmente a un’Europa a due o più velocità, in cui nessuno ne trarrà profitto sul lungo termine». Particolare tragico: la politica non offre uno straccio di analisi. Di conseguenza, non ci sono soluzioni all’orizzonte. Le elezioni? Manca il punto principale: la crisi. Il disastro che è già arrivato e che esploderà in modo spaventoso, cancellando diritti e regalando fame, povertà e paura. Conclude Borin: «Mi chiedo in quale maniera il deprimente panorama politico possa esprimere un leader capace di onestà intellettuale e di coraggio per salvare la situazione».

lunedì 28 gennaio 2013

Abbasso le tasse




Per un moderato, a dicembre 2012, la scelta era tra il "rigore serio" di Monti e le improbabili "promesse da marinaio" berlusconiane. Benché l'economia nazionale abbia bisogno di un taglio deciso dell'imposizione fiscale per riprendersi, le parole del Cavaliere che prometteva di eliminare l'Imu nel caso di un suo governo, erano ritenute dalla stampa mainstream un pericolo per la stabilità finanziaria dell'Italia. L'anno seguente, cioè nel 2014, si sarebbe dovuta mettere una imposta di valore doppio dell'Imu del 2012. Questa era la risposta terroristica della stampa alle sirene del centro destra.

Oggi a fine gennaio 2013? Dalla stampa non si levano più strali di indignazione, semplicemente perché non c'è solo più Berlusconi a chiedere il taglio delle tasse. Anche il serissimo Monti promette, promette e poi promette ancora:

“Presenteremo presto un piano per ridurre il gettito di Imu, Irap e Irpef“. ... “Proponiamo – dice l’uomo che è tuttora premier e che ha determinato e fissato le aliquote attualmente utilizzate – misure per bloccare la spesa pubblica corrente al netto degli interessi, con una riduzione spesa pubblica-Pil del 4,5 per cento al termine dei cinque anni. Non vogliamo fare promesse, ma prendere impegni seri”. 
Monti ha poi spiegato: “L’Imu detrazione da 200 a 400 euro; detrazioni per figli a carico fino a 800 euro. Questa riforma dell’Imu renderà l’imposta piu equa e piùprogressiva. Irap ridotta dal 2014. Meno Irpef dal 2014, a partire dai redditi medio bassi”.
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L’Irap va “ridotta e deve essere favorevole al lavoro”, prevedendo dal 2014 “l’ eliminazione del monte salari dalla base imponibile Irap. Alla fine della prossima legislatura puntiamo su un dimezzamento di 11,5 miliardi di euro di imposta in meno in 5 anni sulle imprese”
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Meno Irpef dal 2014, “riducendo a partire dai redditi medio-bassi, con un aumento della detrazione dei carichi familiari e una riduzione delle aliquote a partire da quelle più basse. Vogliamo ridurre il gettito Irpef di 15,5 miliardi di euro in cinque anni, portando il rapporto tra gettito e Pil al 2%, anche per sostenere i consumi”. "

Oggi i moderati italiani possono quindi scegliere tra "promesse da marinaio" in originale (Berlusconi) e "promesse da marinaio" in fotocopia (Monti). Non so se sia meglio per questi elettori votare l'originale o la brutta copia.
Mentre l'agenda Monti è diventato un gadget ormai solo in uso presso il Pd. Ma anche qui si strappa una pagina al giorno: 

"A Monti Bersani replica anche sul ruolo dei sindacati: “E’ un giudizio un po’ dall’alto, perché dire ai sindacati che cosa interessa ai lavoratori faccio un po’ fatica a pensare a qualcuno che lo sappia meglio dei sindacati. A me non risulta che siano di intralcio per le riforme
...
“Spiace che nell’agenda Monti non ci sia una parola sugliesodati perché la stessa Fornero ha riconosciuto che c’è un problema e va risolto. Il meccanismo va reso più flessibile per evitare buchi drammatici, se no rischiamo di lasciare gente che per due e tre anni non sa dove sbattere la testa”
...
il segretario del Pd ribadisce che la strada dovrebbe essere l’eliminazione dell’imposta sulla prima casa per chi “sta pagando fino a 400-500 euro”. La misura, spiega il candidato del centrosinistra, potrebbe essere coperta con una patrimoniale sugli immobili “fino a 1,5 a mezzo catastale che significa a mercato 3 milioni”. ”Sulla tassazione degli immobili – ha aggiunto Bersani – io credo che si può fare un’operazione redistributiva di questa imposta.
...
Il lavoro stabile deve costare meno e quello precario deve costare di più. Se si intende un sistema di convenienza alle imprese se il giovane ha un contratto a tempo indeterminato sono più che d’accordo”.
...
bisogna, dichiara, “allentare la morsa delle politiche di austerità per gli investimenti, questa è una priorità assoluta”. Una priorità anche per “le politiche economiche anche a livello europeo”."

Oggi l'agenda Monti è sempre più carta straccia. Mi chiedo allora perché Monti si è dato tanta pena per divulgarla e difenderla a spada tratta manco fosse un testo sacro (vedi "Il vangelo di Monti"), e perché personaggi come Ichino che forse l'ha realmente scritta, siano usciti dal Pd, se poi tutti aderiscono alla fin fine alla linea Berlusconi. Dove stanno le differenze fra i tre schieramenti  destra, centro e sinistra? Non c'è molta differenza visto che poi questi partiti e relativi personaggi, hanno governato un anno assieme ed hanno alzato il livello di imposizione fiscale votando i provvedimenti montiani. E mentre lo facevano nessuno di loro si è lamentato, per primo Berlusconi, che è rimasto silente nell'ombra per mesi e mesi.

Ho l'impressione che Berlusconi abbia impostato la campagna elettorale sull'abolizione dell'Imu ben sapendo che non avrebbe vinto le elezioni. Quindi pensava di poter promettere tutto, anche di lanciare banconote dagli elicotteri, tanto non avrebbe avuto responsabilità di governo. Poi però c'è stato un avanzamento nei sondaggi del centro destra, e gli avversari si sono spaventati. Quindi Bersani ha cominciato a fare timide aperture nel muro dell'austerità, ed alla fine Monti ha addirittura fatto un'inversione a "U" rispetto al suo programma iniziale di "non sprecare i sacrifici fatti dagli italiani". Anche questa volta si sono fatti involontariamente turlupinare dal Cavaliere.

Premettendo che trovo questi personaggi tutti poco seri, il peggiore è sicuramente Monti: sembrava Torquemada, ora sembra Babbo Natale. Se Berlusconi promette di eliminare parte dell'Imu aumentando le tasse su sigarette e alcool (ma quanto fumano e bevono gli italiani?), adesso Monti dice di voler abbassare le tasse tagliando la spesa pubblica. In effetti sarebbe bastato evitare di dare 4 miliardi dei euro ai manager di una banca fallita, per togliere l'Imu sulla prima casa. Ma se i tagli che propone Monti sono quelli ai terremotati dell'Emilia, allora è meglio continuare a pagare l'Imu. Monti si è detto dispiaciuto con i terremotati, purtroppo il bilancio dello Stato non consentiva di fare di più, c'erano già gli F35 e gli aiuti a Mps. Veramente non si poteva fare di più...

Monti poi afferma che quello a Mps è un aiuto sotto forma di prestito. Un prestito al 9% ad un istituto che sta fallendo o è già fallito, non so se sia proprio una buona idea. Come al solito si fanno le cose al contrario. Un prestito del genere, se dovesse essere onorato veramente, contribuirà al fallimento della banca. Si sarebbe dovuto invece utilizzare denaro pubblico per nazionalizzare la banca e sostenere i più deboli in questa situazione, cioè i correntisti, dando un bel calcio nel sedere a manager e fondazione.
Ma per fortuna di Mps (e sfortuna nostra), forse il prestito non dovrà essere restituito con denaro vero. Ma con bond Mps che non varranno neanche la carta su cui sono stampati (tipo "canistracci oil").

"I bond supposta di Mario Monti. Monte dei Paschi non è obbligata a restituire i soldi allo Stato Italiano, e gli interessi li potrà pagare con altre obbligazione senza scadenza.
Tutto questo per consentire al PD di comandare ancora senza soci scomodi.
Non ci credete? è tutto nero su bianco..."

Fonte: http://spensierata-mente.blogspot.it

MPS E LA SCOPERTA DELL’ACQUA CALDA





“«La vera natura di alcune operazioni riguardanti il Monte dei Paschi di Siena riportate dalla stampa è emersa solo di recente, a seguito del rinvenimento di documenti tenuti celati all’Autorità di Vigilanza e portati alla luce dalla nuova dirigenza di Mps», afferma la Banca d’Italia in una nota.”


Oggi Mps in una nota ha affermato che «le analisi, avviate nel mese di ottobre 2012 inizialmente su Alexandria e successivamente estese anche a Santorini e Nota Italia…
Notate i due grassettati. Banca d’Italia parla di rivelazioni recenti e portate alla luce dalla nuova dirigenza MPS. La nuova dirigenza s’insedia il 27 aprile 2012. E’ quindi dopo l’aprile 2012 che essa scopre i documenti incriminanti sull’uso di derivati truffaldini. Tenete a mente aprile 2012. Nel secondo grassetto si parla di analisi avviate da MPS nell’ottobre 2012. Tenete a mente ottobre 2012.
Ora tenete a mente questa data: febbraio 2012, mesi prima delle date relative alla ‘grande scoperta’ di Profumo e di Banca d’Italia. Tenete a mente che la sostanza dei giochetti truffaldini fatti da MPS con altre banche internazionali si chiama “equity swaps
Riassunto:
A) Banca d’Italia e MPS dichiarano che tutto il pasticcio dei derivati si scopre fra l’aprile e l’ottobre 2012.
B) Il pasticcio dei derivati MPS fa uso delle “equity swaps”.
Ecco cosa scriveva un semplice corrispondente di Bloomberg nel febbraio 2012:
Investitori come Aabar Investments PJSC e la Fondazione Monte dei Paschi di Siena hanno fatto uso di derivati per tentare di proteggere il loro valore o per ottenere prestiti… Monte Paschi ha accettato di mettere quote del suo capitale come garanzia nell’equity swap.”

Lo sapeva sto tizio e lo pubblicava in febbraio, mesi prima delle ‘scoperte’ italiane. Ma qui da noi Banca d’Italia e i bravi colleghi di Corriere e Sole 24 Ore? Ora scoprono l’acqua calda. What a wonderful world…


venerdì 25 gennaio 2013

Il discorso di Cameron...come sarebbe dovuto essere.


Hans-Olaf Henkel, euroscettico della prima ora, ex presidente della BDI (Confindustria tedesca), si diverte a riscrivere il discorso di Cameron sull'Unione Europea. Da Handelsblatt.de

Sotto la pressione di Merkel e Hollande il premier britannico Cameron ha dovuto rinviare il suo tanto atteso discorso sull'Europa - niente doveva interferire con le celebrazioni per il Trattato dell'Eliseo. Che cosa avrebbe potuto dire?

Quando i circa 1.000 deputati del Bundestag e dell'Assemblea nazionale francese festeggeranno al Reichstag il cinquantesimo anniversario del Trattato dell'Eliseo, non mancherà certo il Pathos. Il caso ha voluto che il premier britannico David Cameron abbia rinunciato a tenere lo stesso giorno il suo tanto atteso discorso sull'Europa. L'ha dovuto rimandare su pressione di Angela Merkel e Francois Hollande. Sarebbe stato meglio se l'avessero anche invitato. Forse avrebbe potuto dire qualcosa:

"Madame Chancellor, Mr. President, Deputies of the German and French Parliament!

Vi ringrazio per questo invito che mi dà non solo la possibilità di congratularmi per le vostre nozze d'oro, ma anche l'opportunità di descrivere lo stato della nostra famiglia europea, dal punto di vista di un lontano parente.

Onestamente, a parte i patetici giuramenti di fedeltà che vi siete appena fatti, sono molto sorpreso, perché né a me né alla mia parentela europea è sfuggito il fatto che voi due sempre piu' spesso litigate. Ovviamente le ragioni sono dovute ai diversi punti di vista dei genitori sull'educazione del bambino avuto insieme, a cui avete dato il nome Euro. La madre vuole insegnare al bambino la disciplina tedesca, il padre invece è piu' per il lassez-faire francese.

La parentela del nord Europa è sempre piu' preoccupata perché lei signor Presidente, ogni volta sembra avere la meglio. L'ingresso della Grecia nell'Eurozona fu accettato dal genitore tedesco solo sotto pressione di quello francese. La clausola di "no bail-out", che doveva essere un muro di difesa fra il contribuente tedesco e i politici spendaccioni del sud Europa, è stata rimossa per la pressione francese. L'indipendenza della banca centrale, combattuta dai francesi, si è dissolta dopo le dimissioni dei rappresentanti tedeschi Axel Weber e Jürgen Stark. I meccanismi automatici di sanzione per la mancanza di una disciplina di bilancio, richiesti dalla madre tedesca dopo la passeggiata a due sulla spiaggia di Deauville, sono stati bocciati dal padre francese. Uno ama risparmiare, mentre l'altro preferisce gettare il denaro dalla finestra, e per questo ci si puo' aspettare un ulteriore logoramento del vostro matrimonio. A meno che i risparmi messi da parte durante il matrimonio non siano ridistribuiti sulla base dell'unione bancaria, tanto desiderata dai francesi.

L'Euro tuttavia non porta solo ad uno scontro fra di voi. Quando lei, sig.ra Cancelliera, ha visitato poco tempo fa il nostro zio comune di Atene, ha avuto bisogno della protezione di 7000 poliziotti. E l'Euro sta spaccando a metà la nostra famiglia: paesi Euro e non Euro. Al di fuori dell'Eurozona, solo la Romania vuole  ancora avere a che fare con la moneta unica. Ma c'è una cosa che mi rattrista: noi, i britannici, siamo cosi' stanchi delle continue discussioni alle vostre feste di famiglia chiamate "Euro vertici", che io ora sono totalmente impegnato ad impedire che una maggioranza dei miei concittadini decida di lasciare la famiglia EU. Alcuni di noi vorrebbero addirittura farsi adottare dai parenti sull'altra sponda dell'Atlantico. 

Sebbene lei con la Gran Bretagna, la Polonia e altri alleati non vi troviate in guerra con la Germania, continua a sostenere che l'Euro assicura la pace. Ma proprio oggi qualcuno le deve dire che l'effetto dell'Euro è esattamente il contrario. Sta danneggiando pesantemente l'Europa, e la sta dividendo politicamente.

Bankitalia smaschera le bugie di Monti


Ci hanno raccontato che per salvarci dalla bancarotta non avevamo altra scelta: dovevamo tassarci. Poi ci hanno detto di stare tranquilli, perché nell'immediato le nostre condizioni sarebbero peggiorate, ma con il tempo - per qualche oscura ragione bocconiana - le riforme assassine avrebbero dispiegato i loro misteriosi effetti benefici. Insomma, la recessione nel 2012 era inevitabile. E quella del 2013, invece? La più clamorosa smentita alle favole del professor Monti arriva dalla fonte più istituzionale possibile, la Banca d'Italia.


Lungi dal confermare le previsioni del Premier e quelle del suo sherpa al Tesoro, il Grilli parlante, gli economisti di Via Nazionale non fanno altro che rivedere al ribasso le stime sull'andamento dell'economia italiana. Secondo gli ultimi calcoli, nel 2013 il Pil italiano calerà di ben un punto percentuale (ricordiamo che secondo il centro studi di Confindustria la flessione sarà ancora peggiore: -1,1%). Altro che lo 0,2% di cui parlava il governo. Da mesi sentiamo blaterare di luce in fondo al tunnel, ma a questo punto sorge il sospetto che la metafora più calzante sia quella della catacomba.



E' vero, nel bollettino si legge anche che "lo scenario prefigura un ritorno alla crescita nella seconda metà dell'anno, sia pure su ritmi modesti e con ampi margini d'incertezza", e che la dinamica del Pil dovrebbe tornare "lievemente positiva nel 2014", con una crescita dello 0,7%. Magra consolazione. Non solo perché ad ogni giro di boa, quando il futuro diventa presente, le stime dei mesi precedenti vengono  tagliate con una regolarità sconcertante, ma soprattutto perché l'Istituto centrale snocciola anche un'altra serie di dati a dir poco drammatica.



In particolare sul fronte del lavoro, la vera tragedia sociale che il nostro Paese continua ad ignorare. La Banca d'Italia stima che “l'occupazione si ridurrà quest'anno (in media di quasi l'1%) e ristagnerà nel
successivo. Il tasso di disoccupazione aumenterà, riflettendo anche l'aumento delle persone in cerca di lavoro, e toccherà il 12% nel 2014”.



Quanto ai consumi, com'è ovvio in una situazione del genere, le prospettive sono ugualmente fosche. Da Palazzo Koch scrivono che "anche nei prossimi mesi" i comportamenti di consumo dovrebbero restare "depressi", dal momento che "non emergono segnali di una loro ripresa". Dopo il crollo del 4,1% registrato nel 2012, quest'anno la flessione dovrebbe essere dell'1,9%.



E per rialzare la testa non si potrà certo chiedere aiuto alle banche, visto che “l'offerta di finanziamenti è ancora frenata dall'elevato rischio percepito dagli intermediari, in relazione agli effetti della recessione sui bilanci delle imprese”, e che “i crediti deteriorati sono aumentati in misura significativa".

Era davvero questo che i tecnici avevano in mente quando hanno iniziato il loro mandato? A quanto pare sì, visto che nessuno ha ancora avuto l'onestà di prodursi in un pur minimo e tardivo esercizio d'autocritica. D'altra parte, quando il Capo è impegnato in campagna elettorale, i dipendenti lo sostengono. Contro tutto e tutti, anche contro l'evidenza.



E così il Grilli parlante ha pensato bene di regalarci l'ennesima summa del Monti-pensiero, spiegandoci con le parole di sempre per quale motivo abbiamo deciso di sacrificare le nostre vite al bilancio pubblico: “L’Italia aveva poca scelta - ha ribadito il ministro, mai stanco di ripetere la poesia - E' impossibile costruire una strategia di crescita senza mercati stabilizzati, sarebbe come costruire una casa sulla sabbia”.



Grilli ha poi smentito la necessità di una nuova manovra correttiva, sostenendo che quest'anno l'Italia arriverà certamente al tanto sospirato pareggio di bilancio in termini strutturali. Peccato che per raggiungere questo (inutile) obiettivo, se la crisi si rivelasse peggiore delle stime del governo (finora completamente sballate), mancherebbero all'appello almeno sette miliardi. Per non parlare degli altri quattro miliardi di cui avremmo bisogno per scongiurare il rincaro della terza aliquota Iva a partire da luglio, l'ennesimo balzello che rischia di affossare ulteriormente non solo i consumi, ma l'attività economica in generale.



mercoledì 23 gennaio 2013

Noi cittadini paghiamo la crisi ..ecco il gioco delle tre carte.


La campagna elettorale sta entrando nel vivo, ma, com’era facile prevedere, visti gli attori in campo, i temi veri, quelli che afferiscono al futuro del paese ed alla sua capacità di vincere le sfide che ha davanti, rimangono inspiegabilmente sullo sfondo.
E tra i temi veri, vale la pena ricordarlo, c’è quello che riguarda i nostri impegni con l’Unione europea e le sue strutture tecnico-finanziarie. Insieme a quello, correlato, della compatibilità del nostro diritto al futuro con le scelte finora compiute sul terreno della costruzione dell’Europa monetaria.
Nel luglio del 2012 il nostro Parlamento ha ratificato, in un clima che potremmo definire inerziale, due importanti trattati, quello sul Fiscal compact e quello sul Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).
Il primo impegna il nostro paese a ridurre il debito pubblico nei prossimi venti anni, fino a portarlo entro la soglia stabilita dal Trattato di Maastricht (60% del PIL). Considerato che il debito italiano ammonta ormai a circa 2000 miliardi di Euro, che in rapporto al prodotto interno fa il 127%, per raggiungere l’obiettivo del trattato bisognerà rastrellare circa 900 miliardi di Euro in venti anni, 50 ogni anno, 150 milioni ogni giorno.
Il secondo è riferito invece all’istituzione del cosiddetto “Fondo salva stati”, un plafone di 650 miliardi di Euro che l’Europa metterebbe a disposizione, previa accettazione di vincoli draconiani dal lato della riduzione della spesa, dei paesi a rischio bancarotta. Chi alimenterà questo portafoglio? Gli stati membri, in rapporto alla loro ricchezza (PIL). L’Italia ha dovuto sottoscrivere quote per il 18% dell’intero capitale, per un importo di circa 125 miliardi di Euro, da versare in 5 anni.
La prima domanda che sorge snocciolando queste cifre è questa: dove prenderà i soldi il nostro paese per onorare questi impegni? Stiamo parlando infatti di cifre vertiginose, tanto grandi da apparire immediatamente incompatibili con le disponibilità finanziare dello Stato, specie in questa fase etichettata con la parola “crisi”.
Evidentemente,come il governo dei professori ci ha anticipato, una parte dei quattrini necessari per “stare in Europa” dovrà venire da una contrazione significativa della spesa e da un inasprimento generalizzato della pressione fiscale, diretta ed indiretta. Ergo, meno servizi e tutele per i cittadini, meno stato sociale, più tasse. Con tutte le conseguenze, in termini di recessione economica e di crescita della povertà, che una simile spirale porta inevitabilmente con sé.
Ma questo non sarà sufficiente, perché oltre una certa soglia, nei tagli al welfare, non si potrà andare, pena l’annientamento della nostra società. E questo il Meccanismo di stabilità l’ha previsto, stabilendo che i paesi membri, per finanziare il “Fondo salva stati” potranno fare nuovo debito pubblico.
Ricapitoliamo. La crisi in atto è sta battezzata come “crisi del debito”. Quotidianamente i mass media ci informano che la stabilità finanziaria dell’Europa passa attraverso il controllo e la riduzione dei debiti sovrani degli stati membri. E in questa direzione andrebbero sia l’obbligo del pareggio di bilancio, peraltro costituzionalizzato, sia le clausole del Fiscal
compact appena richiamate. In Italia ciò sarebbe maggiormente rilevante a causa dell’enorme debito accumulato negli anni ed al suo peso in rapporto alla ricchezza nazionale (PIL). Tutto chiaro? Tutto lineare? Nemmeno per sogno.
Proprio il meccanismo principe della stabilità finanziaria europea, il MES, messo in piedi per non far fallire gli stati membri dell’Unione con più alto e tortuoso debito pubblico, prevede che quest’ultimo si può nondimeno aumentare per riempire le sue casse.
C’entra qualcosa tutto ciò col fatto che il debito pubblico italiano negli ultimi mesi ha subìto un’impennata turbinante, portandosi al di sopra dei 2000 miliardi di Euro? Certo che c’entra.
Come dimostrano le stime della Banca d’Italia, all’inizio del 2012 il debito pubblico italiano era poco sopra i 1.900 miliardi di Euro. Oggi siamo a circa 2020 miliardi di Euro. Nei 120 miliardi di differenza ci sono anche i versamenti che il paese ha fatto al “Fondo salva stati”. Una contraddizione gigantesca: si strangola l’economia con misure di austerità per uscire dalla “crisi del debito”, e, nello stesso tempo, quest’ultimo lievita a dismisura, anche per effetto delle stesse strategie volte a ridurne la consistenza. C’è una logica in tutto ciò? Apparentemente no. Se diamo però un’occhiata a quello che è accaduto in quest’ultimo anno sul versante della (cosiddetta) lotta alla speculazione qualche spiraglio di luce inizia ad aprirsi.
Nel mese di dicembre del 2011, quando i venti della speculazione soffiavano particolarmente forti, la Bce ha accordato a 523 banche private europee finanziamenti per circa 500 miliardi di Euro, ad un tasso fisso agevolato del 1%. Una cifra enorme, con la quale le banche hanno, prevalentemente, acquistato titoli di Stato, ad un rendimento fino al 5-6 %.
Se guardiamo al nostro paese, i dati della Banca d’Italia a tal riguardo parlano chiarissimo: a cavallo tra il 2011 e la fine di gennaio del 2012, quindi immediatamente dopo l’asta  della Bce del 21 dicembre, le banche italiane hanno acquistato BTp e ed altri titoli affini per un importo di circa 30 miliardi di Euro, passando, in termini di portafoglio complessivo, da 209 miliardi a 237 in un solo mese.
Una cosa simile si è verificata anche qualche mese dopo, a seguito della seconda asta della Bce, nel mese di febbraio del 2012, con la quale sono stati  assegnati ben 530 miliardi di Euro a 800 banche europee. E siamo a 1000 miliardi in tre mesi! Un importo pari alla metà del nostro gigantesco debito pubblico.
Capito? La giostra europea funziona più o meno così: lo Stato si svena verso l’Europa, tassando i propri cittadini, tagliando servizi, cancellando diritti, emettendo nuovi titoli del debito pubblico; l’Europa, a sua volta, prende questi soldi e li dà a banche private, che hanno perso liquidità per proprie imprese finanziarie fallimentari, quasi a gratis; le banche, prendono questi soldi, e cosa fanno? Aprono il portafoglio e finanziano le imprese? No, li prestano agli stati comprando il loro debito, ad un tasso di interesse 4-5 volte superiore a quello con cui li hanno ricevuti. I soldi, insomma, sono sempre gli stessi, ma in questo gioco incredibile c’è, ovviamente, chi vince e chi perde. I primi si chiamano banche e speculatori finanziari, i secondi cittadini d’Europa.
In questo quadro l’obiettivo della riduzione del debito, e quello del pareggio di bilancio, più che il fine costituiscono il mezzo attraverso il quale si finanzia la speculazione finanziaria. C’è “crisi” si dice, ma nella “crisi” qualcuno ci sta guadagnando. E questo qualcuno si chiama “banche”. Solo quelle italiane, nell’anno che è appena trascorso, avrebbero guadagnato, investendo i soldi ricevuti dalla Bce, più di 15 miliardi di Euro.
I conti tornano. E quelle cose che più indietro potevano apparire contraddittorie, in questa nuova ottica si ripresentano in tutta la loro coerenza. Intanto la politica italiana continua a trastullarsi nel suo teatrino. Tanto del nostro destino se ne occupano altrove.
Fonte: http://www.economiaepolitica.it  articolo di Luigi Pandolfi

martedì 22 gennaio 2013

Il Financial Times: “Monti inadatto a guidare l’Italia”


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Monti aveva sostenuto che la sua “salita” in campo serviva a togliere l’Italia dalle mani degli incapaci. Ma il Financial Times la pensa in modo diametralmente opposto.Secondo l’editorialista del Financial Times Wolfgang Munchau, il governo Monti è uno dei governi europei che ha sottovalutato il prevedibile impatto dell’austerità: se la crisi finanziaria sembra essersi affievolita, la crisi economica è in deciso peggioramento, l’economia italiana dopo un decennio di crescita quasi nulla indugia in una lunga e profonda recessione, con il credit crunch che peggiora, la disoccupazione che cresce, la produzione che cala, la fiducia delle imprese ai minimi.

In questa situazione, non diversamente dagli altri paesi periferici dell’eurozona, l’Italia si trova secondo Munchau davanti tre possibilità:
“La prima è quella di rimanere nell’euro e farsi carico da sola dell’intero aggiustamento. Con questo intendo sia l’aggiustamento economico, in termini di costi unitari del lavoro e inflazione, che l’aggiustamento fiscale. La seconda è quella di rimanere nella zona euro, a condizione di un aggiustamento condiviso tra paesi debitori e paesi creditori. La terza è quella di lasciare l’euro. I governi italiani uno dopo l’altro hanno praticato una quarta opzione – rimanere nell’euro, concentrarsi solo sul risanamento dei conti pubblici a breve termine e attendere.
La quarta opzione, la storia economica lo dimostra, alla lunga non conduce ad altro che a ritrovarsi di nuovo alle scelte evitate in passato.
Per Munchau la scelta migliore sarebbe la seconda, ma Mario Monti non ha opposto resistenza ad Angela Merkel. Ci sta provando Mariano Rajoy, il primo ministro spagnolo, che ha richiesto un aggiustamento simmetrico – ma è tardi, la Germania sta già pianificando il suo bilancio di austerità per il 2014 e tutte le decisioni politiche sono già prese: la seconda opzione non c’è più, sta svanendo lentamente.
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Ed ecco le previsioni del Financial Times sulle elezioni italiane:
“Dove andrà l’Italia con le elezioni del mese prossimo? Da primo ministro, Mr Monti ha promesso riforme e ha finito per aumentare le tasse. Il suo governo ha cercato di introdurre riforme strutturali modeste, di scarso significato macroeconomio. Partito come leader di un governo tecnico, si è poi mostrato essere un duro operatore politico. La sua narrazione è che ha salvato l’Italia dal baratro, o piuttosto da Silvio Berlusconi, il suo predecessore. Il calo dei rendimenti dei titoli ha giocato un ruolo in questa narrativa, ma la maggior parte degli italiani sa che deve questo a un altro Mario – Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea.
A sinistra, Pier Luigi Bersani, segretario generale del Partito Democratico, ha sostenuto l’austerità, ma di recente ha cercato di prendere le distanze da tali politiche. E’ stato anche esitante sulle riforme strutturali. I temi principali della sua campagna elettorale sono una tassa sul patrimonio [recentemente abbandonata, ndr] , la lotta contro l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro e i diritti dei gay. Lui dice che vuole che l’Italia rimanga nella zona euro. Vi è una minima probabilità che abbia più successo nel battersi con la Merkel perché è in una posizione migliore per collaborare con François Hollande, il presidente francese e collega socialista.
A destra, l’alleanza tra Berlusconi e la Lega Nord è indietro nei sondaggi ma sta facendo progressi. Fino ad ora, l’ex primo ministro ha fatto una buona campagna. Ha consegnato un messaggio anti-austerità che ha fatto vibrare le corde di un elettorato disilluso. Continua anche a criticare la Germania per la sua riluttanza ad accettare un eurobond e consentire alla BCE di acquistare incondizionatamente obbligazioni italiane.
Si potrebbe interpretare questo atteggiamento come l’opzione due: insistere su un aggiustamento simmetrico o uscire. Tuttavia, conosciamo Berlusconi fin troppo bene. E’ stato primo ministro abbastanza tempo per aver avuto la possibilità di fare simili proposte in precedenza. Per diventare credibile, dovrebbe presentare una strategia chiara che tracci le scelte in dettaglio. Sinora tutto quel che abbiamo sono solo slogan televisivi.
A giudicare dagli ultimi sondaggi, il risultato più probabile delle elezioni è la paralisi, forse sotto forma di una coalizione di centro-sinistra Bersani-Monti, possibilmente con una maggioranza di centro-destra nel senato, dove si applicano regole di voto diverse. Questo renderebbe tutti, più o meno, responsabili. Nessuno avrebbe il potere di attuare una politica. Ma ognuno avrebbe il diritto di porre il veto.
Se così fosse, l’Italia continuerebbe a tirare avanti, fingendo di aver scelto di rimanere nell’euro senza creare le condizioni per rendere l’adesione sostenibile. Nel frattempo, mi aspetterei che emerga un consenso politico anti-europeo che o otterrà una piena maggioranza alle elezioni successive o provocherà una crisi politica, con alla fine lo stesso effetto.
Quanto al signor Monti, la mia migliore ipotesi è che la storia gli assegnerà un ruolo simile a quello di Heinrich Brüning, cancelliere tedesco nel 1930-1932. Anche lui era parte di un consenso prevalente nell’establishment che non vi fosse alternativa all’austerità.
L’Italia ha ancora qualche strada aperta. Ma deve prenderla.”
(enfasi redazionali)
Tratto con minimi adattamenti da: Voci dall’Estero di Carmen Gallus
Articolo di W.Munchau sul Financial Times: “Why Monti is not the right man to lead Italy

lunedì 21 gennaio 2013

Il terzo stadio della crisi europea: ora tocca anche alla Germania


La contrazione della produzione industriale tedesca
La contrazione della produzione industriale tedesca
di Ashoka Mody*
Mentre tutti gli occhi erano puntati sulla periferia dell’eurozona, i paesi centrali hanno subito un tracollo? La Bundesbank ha ridotto le sue previsioni per la crescita del PIL tedesco nel 2013 allo 0,4%, mentre la Banca Centrale dei Paesi Bassi prevede per quest’anno una contrazione del PIL olandese pari allo 0,5% e un’ulteriore contrazione nel 2014.
Sembra quindi che la crisi dell’eurozona stia entrando nel terzo stadio.

Durante il primo stadio, iniziato nella primavera del 2008, il fulcro della crisi nordatlantica si è spostato dagli Stati Uniti all’eurozona, mettendo sotto pressione le banche dell’eurozona e aumentando le tensioni interbancarie.
Nella seconda fase, iniziata nell’estate del 2009, la crisi si è poi diffusa ai debiti sovrani facendo aumentare la preoccupazione degli investitori per l’eventuale pressione sulle finanze pubbliche determinata dalla necessità di sostenere le banche. D’altra parte, la debolezza dei debiti sovrani ha comportato grandi rischi, in apparenza, per le banche, rendendole infine inseparabili dai loro governi.
Nel corso della crisi, si è presunto (almeno finora) che i paesi centrali dell’eurozona sarebbero rimasti solidi e che avrebbero continuato a finanziare i governi periferici e le banche in difficoltà. Una presunzione del tutto plausibile in apparenza. L’Europa “a due velocità” era infatti diventata la nuova norma.
In particolar modo, la Germania si posizionava al di sopra delle parti. Dopo una prestazione economica decisamente forte nel 2010, all’inizio del 2011 il PIL tedesco era infatti al di sopra dei livelli della crisi, un risultato di certo migliore rispetto a quello degli USA. E proprio vista la sorprendente prestazione nel settore dell’occupazione tedesco, sembrava prospettarsi un nuovo Wirtschaftswunder.
Ma poi si è verificato un sottile cambiamento. Gli Stati Uniti, nonostante un ritorno decisamente lento alla normalità, hanno superato la Germania, e, in assenza di uno scoglio fiscale di lunga durata e della confusione sul tetto del debito, potrebbero portare avanti una ripresa sostenibile. A seguito della forte contrazione dell’economia tedesca nell’ultimo trimestre del 2012, oggi la questione principale per il paese è se riuscirà ad evitare una recessione tecnica (ovvero una contrazione economica protratta per due trimestri consecutivi).
L’Europa non ha un suo motore di crescita. All’inizio, infatti, l’effetto rebound in Germania è stato forte in quanto il commercio mondiale è cresciuto rapidamente a seguito di una caduta repentina. L’appetito vorace della Cina per le auto e le apparecchiature tedesche ha fornito la spinta necessaria alla Germania, mentre i suoi tradizionali partner commerciali in Europa rimanevano in difficoltà.
Ciò nonostante, da allora la crescita della domanda cinese è rallentata mentre le condizioni dei partner commerciali europei della Germania sono peggiorate. Le politiche di austerità fiscale nei paesi periferici hanno comportato infatti un taglio delle importazioni, pertanto anche gli stati che esportano verso i paesi periferici si trovano a loro volta a dover ridurre le loro importazioni, e così via. Questo moltiplicatore commerciale sta comportando un trascinamento verso il basso reciproco delle economie europee, mentre il resto del mondo ne sta subendo le conseguenze.
Le prospettive al ribasso per l’economia olandese sono altrettanto allarmanti. I Paesi Bassi si trovano al secondo posto, subito dopo la Germania, in termini di volume di credito elargito ai paesi periferici dell’eurozona tramite il sistema “Target 2”, ed è inoltre il più grande creditore in termini pro capite.
Gli economisti continuano a prospettarci un ripristino della crescita a partire dalla seconda metà del 2013. Ma i precedenti della pianificazione di questa ripresa sono stati finora scoraggianti. Nel suo libro The Signal and the Noise, Nate Silver, statistico americano, sostiene che le previsioni degli economisti rispetto a contesti che non hanno mai affrontato in precedenza sono meno credibili. Ed è questo il caso.
Nell’aprile del 2010, il rapporto World Economic Outlook stilato dal Fondo Monetario Internazionale aveva prospettato una crescita annuale del PIL della Germania e dei Paesi Bassi pari all’1,8% nel 2013. Ad ottobre dell’anno scorso, il Fondo ha abbassato le sue previsioni per la crescita della Germania nel 2013 allo 0,9% e allo 0,4% per i Paesi Bassi. E, solo due mesi dopo, le banche centrali di entrambi i paesi hanno indicato che persino queste aspettative ridotte sono troppo ottimistiche. Chi può dire quindi se la seconda metà del 2013 porterà più speranza e positività?
Il procedimento di gestione della crisi europea è stato fondato sul principio di Rossella O’Hara “domani è un altro giorno”. Pur sapendo che posponendo le decisioni difficili si finisce solo per aggravare il problema, si pensa comunque, probabilmente, che ci sarà sempre una linea ferma di difesa. Ma ciò potrebbe tuttavia cambiare.
La terza fase della crisi dell’eurozona arriverà quando la forza dell’economia dei paesi chiave dell’eurozona verrà messa in dubbio. I dubbi sulle economie forti dell’eurozona indeboliscono infatti la credibilità della rete di sicurezza che ha finora sostenuto i paesi periferici europei.
La soluzione della crisi dell’eurozona tramite la Germania è sempre stata incerta da un punto di vista politico, ma potrebbe presto diventare anche economicamente insostenibile.
* già capo missione del FMI in Germania e Irlanda.

domenica 20 gennaio 2013

Denuncia contro la Merkel ed altri 4 esponenti per crimini contro l'umanità


Premesso che questa denuncia (Penale) nei confronti di questi 5 criminali è stata studiata nei minimi dettagli per far in modo che non ci sia scampo o via d'uscita.
La denuncia è stata accettata perché infrange il Trattato “Statuto Romano" in tutti i punti fatti presenti nella denuncia che corrispondono a quasi tutti i Trattati formulati e firmati sin dalla prima Costituzione del Trattato di Lisbona.
La denuncia non è solamente indirizzata contro specifiche persone, ma contro tutti coloro che hanno firmato l'ESM/EMS, contro la riforma del Pacchetto Fiscale, contro la Troika e contro il “Piccolo cambiamento" del AEVU 136.3 (BCE/FMI/ Commissione UE) che è stato approvato in tempi record dalla maggior parte dei firmatari facenti parte alla UE, anche i componenti del nostro Governo sono nella lista degli indagati.
Il materiale con le prove schiaccianti è stato raccolto e studiato minuziosamente in tutti i suoi dettagli per non dare al Procuratore Generale la Signora “Fatou Bensouda" la possibilità di poter rigettare la denuncia con false motivazioni o sbagli di crittografia, la denuncia è stata accettata senza batter ciglio dopo aver constatato che le motivazioni sono più che veritiere, vista la situazione in cui si trovano i cittadini Greci ormai senza risorse con la quale possono continuare a vivere una vita dignitosa e costretti alla violenza per potersi procurare le materie prime per sopravvivere.
Non c'è bisogno di scrivere i nomi di questi 5 criminali e neanche di quelli nostrani, anche gli avvoltoi li evitano dato che li riconoscono dal puzzore che emanano già da 100 miglia di distanza.
La denuncia è stata presentata da una coppia di coniugi Tedeschi e attivisti per i Diritti Umani: SARAH LUZIA HASSEL REUSING e VOLKER REUSING.
LISTA DEI DENUNCIATI:
1. Christine Madeleine Odette Lagarde, Geschäftsführende Direktorin des Internationalen Währungsfonds
2. Dr. Angela Dorothea Merkel, Bundeskanzlerin von Deutschland
3. Dr. Wolfgang Schäuble, Bundesfinanzminister von Deutschland
4. José Manuel Durão Barroso, Präsident der Europäischen Kommission
5. Herman Achille Van Rompuy, Präsident des Europäischen Rats”

La coppia si è avvalsa delle testimonianze di cittadini Greci e dei giornalisti Georgios Trangas, Panagiotis Tzenos, Politici Antonio Prekas e del Politico Greco Dimitrios Konstantaras (Nea Democratica) che per diversi mesi hanno girato la Grecia sotto e sopra, hanno presentato denuncia contro le 5 persone sopra citate, anche il Tribunale Costituzionale Tedesco è sotto mira dato che già in due precedenti denunce (12-09-2012 / 26-09-2012) fatte dalla coppia Hassel / Reusing e dal signor Gauweiler le aveva rigettate aprendo un processo lampo senza darne le motivazioni, con questa nuova denuncia basata sul "jus cogent" alti diritti, anche i più scaltri Giuristi sanno cosa vuol dire e le chance di un rigetto sono NULLE, per questo il tribunale Costituzionale Tedesco ha deciso di riaprire i due casi chiusi in fretta e furia per non finire sotto processo come complice di Crimini contro l'Umanità, il Professore di Diritti Umani e conosciutissimo in tutto il Globo (Peter Michel Huber) ha assicurato alla coppia denunziante il totale appoggio di tutte le Organizzazioni Mondiali compreso il suo, logistica e mantenimento per tutto il periodo della disputa.
I testi della denuncia:
Per chi vuole partecipare dimostrando Solidarietà a queste persone, può riempire il modulo che si trova nella pagina del Sito:
basta cliccare su: Stop ESM jetz a destra: Nome cognome, indirizzo Email, Professione
..e che qualcuno ce la mandi buona.
Autore: Corrado Belli / Fonte: mentereale.com

venerdì 18 gennaio 2013

Manuale di logica "eurista" della campagna elettorale


La logica "eurista", utilizzata per dimostrare l'ineluttabilità del "più Europa", si basa sull'applicazione creativa del paradosso.Segue un riassunto dei capisaldi della logica eurista:



1) L'euro sarà salvato dalla Bce quando deciderà di comportarsi come la Fed (?) acquistando titoli del debito pubblico... cioè facendo quello che abbiamo impedito di fare alla Banca d'Italia per salvare l'Italia!

2) L'euro sarà salvato quando i paesi del Nord accetteranno di rendere "federale" il bilancio europeo, consentendo trasferimenti fiscali automatici dal Nord al Sud, mentre l'Italia sarà salvata dal federalismo, cioè dal mantenere al Nord le tasse raccolte al Nord!

3) L'Europa sarà salvata dalla deflazione interna, cioè dal taglio dei salari dei paesi del Sud brutti sporchi e cattivi, mentre l'Italia è stata salvata opponendosi alle gabbie salariali, cioè alla differenziazione dei salari fra Nord e Sud!

Insomma: posto che né l'Europa né l'Italia sono Aree Valutarie Ottimali (cioè zone che possano credibilmente sostenere un'unica valuta), è amaramente divertente vedere come i politici continuamente propongano in due contesti macroeconomicamente identici soluzioni di fatto opposte.

Ma la vera chicca è questa:

4) L'Europa sarà salvata perché o arriverà l'alba della Focialdemocrazia europea, oppure noi (chi?) minacceremo la Merkel e le diremo, col ditino puntato "cara Angela, o ci fai l'elemosina o noi non andiamo avanti", e la minacceremo perché siamo abbastanza grandi da fare una minaccia credibile... però non siamo abbastanza grandi da uscire dall'euro.

Io non ho capito: ma siamo grandi, o siamo piccoli? Voi che ne dite?

Fonte: Alberto Bagnai dal blog http://goofynomics.blogspot.it