mercoledì 26 marzo 2014

Nazionalismo e Nazione

Come era altamente prevedibile e previsto, il Front National della Le Pen ha riportato una schiacciante affermazione alle amministrative francesi: solo osservatori ciechi o in malafede si possono oggi stupire dell'avanzamento di un partito che fa della lotta contro l'euro e per la riconquista della sovranità nazionale il suo principale obiettivo.
Le reazioni, scontate della stampa nazionale nostrana sono state l'allarme per l'affermazione di un partito nazionalista, populista ed antieuropeo; ora, mentre è chiaro cosa significhino gli ultimi due termini (anche se "populista" viene usato spesso a sproposito e con accezioni diverse), il termine "nazionalista" rimane ai più oscuro o mal compreso, sia per chi lo combatte, sia per chi orgogliosamente lo fa proprio, confondendolo spesso con la tutela del perimetro nazionale o con il concetto di sovranità. Anche gli euroscettici italiani, dalla Lega fino ai movimenti sorti di recente, come ARS o Progetto Eurexit, vengono tacciati dai difensori dell'euro e dellUnione Europea, come retrogradi e nostalgici nazionalisti.
Vediamo quindi di capire meglio cosa significa.
Secondo il Dizionario di Storia Treccani con il termine "nazionalismo" si intende propriamente l’esaltazione dell’idea di Nazione, come antecedente allo Stato e trascendente gli individui stessi, e ingloba in sé una visione conservatrice e autoritaria dei problemi politici (tradizionalismo, antiliberalismo, antidemocrazia) come pure una soluzione solidaristica delle competizioni sociali (antisocialismo); punto di sbocco poi di ogni concezione nazionalistica è la realizzazione di una potenza nazionale, ora come frutto di espansionismo, ora di imperialismo coloniale, ora infine come influenza culturale-spirituale (www.treccani.it).
Storicamente quindi il nazionalismo è stato l'incubatore di tutti quei movimenti e partiti che hanno fatto della supremazia di un certo popolo o di una certa etnia, con il conseguente diritto-dovere all'espansione ed al predominio, il loro marchio, come il Nazismo ed il Fascismo. Può essere ricondotto al nazionalismo anche quel comunismo, come quello cinese maoista o nordvietnamita, che considerava come unico "popolo" degno di avere pieni diritti e guidare il Paese quello appartenente ad una certa classe sociale.
Gli euroscettici quindi, ed in special modo quelli italiani, possono essere tacciati di nazionalismo?
La Lega, almeno quella storicamente attaccata al concetto di popolo padano, ha in sé qualche aspetto che può essere definito nazionalista, anche se più che nazionalismo si può parlare di spinta indipendentista ed alla autodeterminazione del c.d. popolo padano, mediante il distacco dall'Italia, e, visto che non vi sono spinte all'egemonia, ma piuttosto all'autarchia, non di espansionismo si tratta, ma di isolazionismo autosufficiente.
Tolta la Lega, che comunque sta facendo con Salvini un faticoso percorso per affrancarsi dalle scorie più retrive del suo pensiero politico, nessun movimento contrario all'euro ed all'Unione Europea, può minimamente essere accostato al nazionalismo.
Il recupero invocato della propria sovranità monetaria, fiscale ed economica è difatti una spinta al recupero di un concetto di Stato sovrano che trova la sua esplicazione massima nella Costituzione democratica del 1948; la Nazione di cui si invoca la tutela è semplicemente l'Italia, intesa nella sua integrità territoriale, comprensiva di tutti quelli che legittimamente possono essere chiamati cittadini italiani, qualsiasi sia la loro provenienza, nascita o razza. E' quindi la dignità dello Stato che si vuole recuperare e proteggere, la possibilità di perseguire autonomamente le politiche che diano attuazione al "programma costituzionale" che la Parte prima della Carta illustra e che l'art. 3 Cost. comma II impone alla Repubblica, quando le affida il compito di "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.".
Compiti questi che la partecipazione all'Unione Europea e la sottoscrizione dei trattati, prima di tutto quello di Maastricht sull'unione monetaria, di fatto e di diritto impediscono.
La liberazione dall'euro ed il distacco dall'eurozona non sono quindi spinte al recupero di un nazionalismo inteso come esaltazione di un popolo-etnia da contrapporre ad altri popoli, ma il rifiuto di una cessione ad organismi non elettivi ed opachi, come sono la Commissione europea e la BCE, di funzioni statali di indirizzo e controllo; anzi, si può dire che proprio il recupero di un nazionalismo sano, inteso in senso antistorico come tutela dello Stato-Nazione, permetterebbe di eliminare quelle frizioni fra popoli che la gestione egoistica e miope dei Paesi del Nord-Europa, attuata indirettamente attraverso il controllo delle funzioni chiave della Commissione e del board della Banca Centrale, sta creando ed alimentando, finendo col distruggere quel concetto di comunità europea che è alla base del lungo periodo di pace che sostanzialmente abbiamo goduto dal 1945 ad oggi. Se oggi si vuol parlare di nazionalismo nel senso storico sopra delineato bisogna guardare alla UE ed al predominio tedesco nella sua gestione, non ai movimenti euroscettici; il sovranismo paritario, sostenuto da quest'ultimi è anzi l'unica strada per una convivenza pacifica degli Stati europei e per riscoprire la fratellanza fra i popoli. Altrimenti, invece di più Europa, ci ritroveremo con una situazione fra Stati simile a quella che si presentava il primo decennio del secolo scorso.
E tutti sappiamo come è andata a finire...

mercoledì 12 marzo 2014

Il paradosso della troppa informazione: il caso Ucraina


La crisi ucraina è stata raccontata, almeno dai media occidentali, in un modo che è paradigmatico del funzionamento delle società moderne, basate sull'informazione massiccia. Già nel 1969 Borges metteva in guardia dalla troppa informazione che circola, dichiarando: "Era meglio nel medio Evo: c'erano meno libri, ma venivano letti. Oggi la gente vive solo il contemporaneo: sul giornale leggono della Cina, della Svezia, dell'America, per cui parlano di questi paesi, senza però conoscerne la storia". Adesso nel 2014, grazie alle tecnologie digitali ed alla rete, abbiamo cento volte più informazioni potenzialmente a disposizione, ma la capacità umana di acquisizione è rimasta pressoché la stessa. La conseguenza è che, per pura difesa, lasciamo che questa enorme massa di informazione ci scivoli addosso, come la pioggia su un impermeabile, senza poter o voler fare una cernita ragionata di quanto ci viene raccontato, con il risultato paradossale di avere meno senso critico adesso di quando l'informazione scarseggiava e poteva essere gestita. Questo ci pone più indifesi nei confronti delle narrazioni che provengono da fonti considerate genericamente "autorevoli" come i telegiornali: non avendo né tempo, né voglia di acquisire autonomamente le informazioni, cosa che implicherebbe fare una valutazione e scelta critica della massa indistinta di dati reperibili aliunde, diamo per buone le costruzioni dei fatti che ci vengono fornite, oltretutto supportate da immagini in diretta e dal vivo che danno l'illusione dell'oggettività delle stesse, come se la televisione fosse l'occhio di Dio che tutto oggettivamente vede, e non un mezzo necessariamente parziale che mostra solo quello che vuol mostrare, con un montaggio che di per sé è un'interpretazione del fatto ripreso.

Questo essere diventati meno critici e meno colti, nel senso di essere capaci di un minore approfondimento dei fatti e con un bagaglio culturale, forse più vasto, ma sicuramente meno profondo e ragionato, ci ha portato ad essere più facilmente preda di rappresentazioni volutamente false e propagandistiche della realtà. Il risultato è che quello che ci viene detto/mostrato è tutto quanto possiamo sapere di un evento e, corollario importante, se non ci viene mostrato nulla, semplicemente l'evento non esiste.

Questi due fenomeni li ritroviamo nella narrazione della crisi ucraina.

L'Ucraina, secondo l'informazione dominante, è stata retta negli ultimi anni da un dittatore filo-russo che voleva impedire l'avvicinamento del Paese all'Europa; la gente però si è ribellata, è scesa in piazza per manifestare la propria volontà di entrare nell'Unione Europea e, nonostante abbia subito una sanguinaria repressione, è riuscita ad avere la meglio, a cacciare il tiranno, a liberare il capo dell'opposizione che languiva ingiustamente in carcere e ad instaurare un governo filo-occidentale. La Russia però non accetta questo distacco dalla propria influenza ed ha reagito occupando la Crimea e minacciando la guerra alla povera Ucraina.

Naturalmente la realtà dei fatti è totalmente diversa. Ed infatti:

1- Il presidente Yanukovich era stato regolarmente e democraticamente eletto. La votazione, che aveva indispettito i governi occidentali (che appoggiavano l'opposizione), ha visto gli osservatori internazionali dell'OCSE e del CSI solo apparentemente schierati su opinioni difformi, come riporta il sito www.equilibri.net:

"Secondo il coordinatore capo degli osservatori dell’ Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa (OSCE), Walburga Habsburg Douglas, il risultato elettorale rappresenta un retrocesso nel processo di democratizzazione dell’Ucraina: «Considerando l’abuso di potere e l’eccessiva importanza rivestita dal denaro in queste elezioni, l’Ucraina ha invertito la tendenza verso la consolidazione della democrazia».

In riferimento all’abuso di potere burocratico e amministrativo esercitato dal governo, Andreas Gross, presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, ha affermato che la sovranità del popolo ucraino ha vacillato davanti all’ “oligarchizzazione” del processo elettorale: «Sfortunatamente, il grande potenziale democratico della società ucraina non è stato sfruttato appieno nel corso delle elezioni».

Un’opinione discordante è arrivata dagli osservatori inviati dalla Comunità di Stati Indipendenti (CSI), un’organizzazione che raggruppa una serie di stati prima appartenenti all’Unione Sovietica e ora politicamente affini alla Russia. Secondo questi osservatori, il processo elettorale è stato «limpido e democratico».".

Basta un'analisi delle diverse dichiarazioni per rendere palese che l'accusa di "eccessiva importanza rivestita dal denaro", senza però denunciare corruzioni, o il mancato pieno sfruttamento del potenziale democratico (concetto piuttosto criptico e vago che non dice nulla) sono mere reazioni stizzite ad un risultato non voluto, ma al quale non si può opporre niente di concreto, contrapposte ad un giudizio, magari anche eccessivamente premiante, ma che certifica una sostanziale regolarità. Ed in effetti Patrick J Buchanan, ex candidato repubblicano per le presidenziali USA, in un suo articolo critico sull'interventismo americano ed europeo, riconosce che le elezioni erano state "free and fair".

2- Riguardo poi alla "sollevazione di popolo" contro il governo filorusso, alla sua reale consistenza ed alle motivazioni sottostanti rimando all'approfondita e documentata analisi di Riccardo Seremedi sul blog Orizzonte48.

3- Per arrivare alla cacciata del cosiddetto e democraticamente eletto tiranno l'Occidente non ha trovato di meglio che appoggiare e sostenere pericolosi movimenti di estrema destra e filo-nazisti, come Svoboda o Pravy Sector, come risulta da un servizio della BBC del febbraio di quest'anno.

4- L'oppositore che langue in carcere, la ex pasionaria Timoshenko, era stata condannata per gravi reati, oltretutto gonfiando per lucro personale il prezzo della fornitura di gas da parte della Gazprom, peggiorando così i conti del Paese, come riporta puntualmente in un altro suo articolo Seremedi, con una sentenza che aveva passato il vaglio della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo.

5- Il governo instaurato dopo la cacciata di Yanukovich è composto da vari elementi di Svoboda e UNA-UNSO, l'Autodifesa nazionale ucraina, partito che si è fatto notare per l'espulsione di preti russi da chiese ortodosse, per l'intimidazione delle minoranze ungheresi, polacche e rumene dell'Ucraina occidentale alle elezioni del 2004 e per la richiesta di riabilitare i combattenti anticomunisti che parteciparono a fianco delle SS all'invasione della Russia. Ecco le biografie dei più discussi, tratte dal sito www.voltairenet.org:

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Andriy Parubiy (Андрій Парубій)
Andrej Parubij
Segretario del Consiglio nazionale sicurezza e difesa (corpo ombrello del   Ministero della Difesa e delle Forze Armate).
Co-fondatore del Partito Social-Nazionale d’Ucraina (con Oleg Tjagnybok).









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Dmytro Yarosh (Дмитро Ярош)
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Dmitrij Jarosh
Vicesegretario del Consiglio nazionale sicurezza e difesa (corpo ombrello del Ministero della Difesa e delle Forze Armate).
Capo del Trizub Stepan Bandera e di Fazione destra.
Jarosh ha combattuto con gli islamisti ceceni. Il 1 marzo 2014 ha chiesto aiuto all’emiro del Caucaso del Nord Doku Umarov, considerato dalle Nazioni Unite membro di al-Qaida. Nel video fasullo di Andrej Kozhemjakin, con Andrej Dubovik nel ruolo di poliziotto cattivo, aveva il ruolo del povero attivista umiliato nella neve.

JPEG - 14.8 KbOleksandr Sych (Александр Сыч)
Aleksandr Sych
Vicepremier e membro del Partito per la Libertà (Svoboda).
Attivista antiaborto (anche in caso di stupro).











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Ihor Tenyukh (Игорь Тенюх)
Igor Tenjukh 
Ministro della Difesa. Anche se la sua adesione formale al Partito della libertà (Svoboda) non è certa, ha partecipato alle sue riunioni.
Laureatosi negli Stati Uniti, ha condotto le manovre congiunte Ucraina-NATO. Durante la guerra in Georgia (2008) organizzò l’assedio di Sebastopoli e fu nominato viceammiraglio. La sua nomina a ministro della Difesa ha convinto la Marina ucraina a non riconosce il nuovo governo e ad issare la bandiera russa.




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Dmytro Boulatov (Дмитрий Булатов)
Dmitrij Bulatov
Ministro della Gioventù e dello Sport.
Membro di UNA-UNSO.
Ha affermato di essere stato rapito e torturato orribilmente il 22-31 gennaio 2014. Poi si recò in Germania per cure senza incontrare i giornalisti. Tuttavia, il ministro degli Esteri Leonid Kojara ha detto che stava bene e che si trattava di una messa in scena. Infine, un mese dopo era in ottima forma.




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Oleh Makhnitsky (Олег Махницкий)
Oleg Makhnitskij
Procuratore generale dell’Ucraina.
Membro del Partito della Libertà (Svoboda).













Oltre a questi, sono presenti, Tatjana Chornovol, Presidente della Commissione Anticorruzione Nazionale (UNA-UNSO), 
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Igor Shvajka, Ministro delle Politiche Agricole ed Alimentari (Svoboda), 
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Andrej Mokhnik, Ministro dell'Ecologia e delle Risorse Naturali (Svoboda)
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JPEG - 17.3 KbSergej Kvit, Ministro della Pubblica Istruzione (Svoboda)  
















Questo per quanto riguarda l'Ucraina. Per la parallela ed altrettanto fuorviata narrazione del "successo greco" rinvio al prossimo post.

martedì 4 marzo 2014

Elezioni europee per stracciare i trattati


Oltre all’Unione bancaria e al micidiale Ttip, il Trattato Transatlanco che “asfalterebbe” le residue tutele europee sul lavoro a unico vantaggio delle multinazionali, una delle maggiori minacce che da Bruxelles incombono sull’Italia è il Patto fiscale, avverte Luciano Gallino. 
Da quest’anno, il Fiscal Compact obbliga gli Stati contraenti a ridurre il debito pubblico al 60% del Pil o meno, al ritmo di un ventesimo l’anno. Il Pil italiano 2013 è stato di 1.560 miliardi. Il debito si aggira sui 2.060 miliardi, pari al 132% del Pil. Gli interessi sul debito superano i 90 miliardi l’anno, con tendenza a crescere, di cui 80 pagati con l’avanzo primario, cioè la differenza tra le tasse che lo Stato incassa e quello che spende in stipendi, beni e servizi. Per scendere alla quota richiesta dal Patto, che varrebbe 940 miliardi, bisognerebbe quindi recuperare 1.120 miliardi. Divisi per venti, fanno 56 miliardi l’anno. «Dove li prende tanti soldi, per quasi una generazione, uno Stato che ha incontrato gravi difficoltà al fine di trovare due o tre miliardi una tantum per eliminare l’Imu?».
Per i neoliberisti, ciò che conta non è il valore assoluto del debito da scalare, bensì il rapporto debito-Pil. Ovvio: se il Pil italiano crescesse del 4% l’anno, cioè con un incremento di oltre 60 miliardi, il Fiscal Compact farebbe meno paura. Peccato però che – stando alle previsioni più ottimistiche – non si vada oltre l’1%. «Con questo tasso di crescita, risulta impossibile far fronte all’impegno assunto», scrive Gallino, illustrando un possibile Piano-B. Per esempio: «Chiedere alla Ue di ridiscutere il trattato escludendo dal rapporto debito-Pil la colossale spesa per interessi». L’idea sbagliata è che, «a forza di contrarre la spesa pubblica, si arrivi a ripagare il debito». Attenzione: «Grazie a tale idea perversa, lo Stato italiano sottrae all’economia 80 miliardi l’anno, a causa di un iugulatorio avanzo primario usato solo per pagare gli interessi (e non tutti), facendo così precipitare il paese in una spirale inarrestabile di deflazione».
In altre parole, «l’austerità imposta da Bruxelles sta soffocando l’economia italiana, dopo la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna». Tema decisivo, «da sottoporre al più presto a una discussione pubblica». Luogo perfetto, per parlarne: il Parlamento Europeo, «a condizione, ovviamente, di mandarci qualcuno il quale non pensi che l’austerità e il resto siano una cura mentre sono il malanno». La situazione è infatti palesemente