giovedì 30 aprile 2015

Fenomenologia dell'ideologia economica liberista



Stiamo assistendo in questi ultimi anni ad un fenomeno anomalo: una teoria economica, che come tale dovrebbe rientrare in canoni scientifici di verifica sperimentale e falsificazione - anche se attenuati dall'essere una scienza sociale e quindi dotata di una certa non linearità e quindi imprevedibilità - per raggiungere la costruzione di un modello teorico efficace e testato, per quanto possibile, dall'esperienza, sta assumendo le caratteristiche di una costruzione ideologica totalizzante, come tale svincolata dalla verifica empirica.

Nel campo delle scienze, quando una teoria messa alla prova si mostra incapace di spiegare la realtà, o ancor peggio, viene smentita dai fatti empirici, viene semplicemente abbandonata. In campo economico attualmente sta accadendo l'esatto contrario: la teoria liberista si dimostra incapace di spiegare i fenomeni economici che accadono, ed anzi, i risultati attesi della sua applicazione come modello sono l'esatto contrario di quanto teorizzato, ma, incredibilmente, ad aver torto è la realtà e non la teoria!

Una prova di ciò l'abbiamo da un recente articolo di Blanchard, già citato in un post: il capo.economista del FMI riconosce che l'applicazione del modello classico non sta funzionando, ma da la colpa al fatto che la realtà si trova attualmente in un angolo oscuro (dark corner) dove le teorie ed i modelli non funzionano, una zona di anomalia nella quale i soggetti agenti di politica economica si sono andati a cacciare per loro colpa ed incapacità.

Una ulteriore prova da ultimo la da un'altro luminare del pensiero liberista, Kenneth Rogoff, già aspramente criticato per aver teorizzato una correlazione fra alto debito pubblico e bassa crescita che è stata demolita nel suo impianto, il quale ha tentato di spiegare la diversità fra quello che sarebbe dovuto accadere secondo il modello (fine della crisi e forte recovery ovunque) e quello che sta accadendo (crisi ancora forte in molti Paesi e debole e instabile recovery per gli altri) con il fatto - banalizzo il concetto - che siamo in presenza di una specie di superciclo economico, di ampiezza maggiore di quanto previsto, ma che alla fine si andrà a mutare in forte crescita, anche se ci vorrà più tempo.

Se un fisico o un astronomo facesse delle considerazioni del genere la comunità scientifica lo deriderebbe, considerandolo un ciarlatano. Al contrario un ragionamento come quello di Blanchard o Rogoff apparirebbe perfettamente legittimo ad esempio ad un teologo, perché rientra nella logica di una costruzione ideologica della realtà.

L'ideologia ha alcune caratteristiche ben precise che vediamo di esaminare:

1- Ha il compito di definire e spiegare compiutamente la realtà.

L'ideologia è tale perché da un'interpretazione univoca e totalizzante. Attraverso essa ogni evento trova una ragione ed, all'interno della razionalità della costruzione ideologica, ogni cosa può essere spiegata ed interpretata.

2- Cristallizza la realtà così da lei definita in un modello statico

Per funzionare una ideologia deve per forza bloccare la realtà all'interno dei suoi parametri interpretativi. Ciò comporta necessariamente man mano uno scostamento fra la realtà, che è mutevole ed in continua evoluzione, e la sua ricostruzione dogmatica che la vorrebbe immutabile.

3- Solo all'interno di essa si trova la giusta risposta

Questo fenomeno lo si riscontra in tutte la ideologie, sia religiose che laiche, come ad esempio quelle politiche: l'interpretazione dogmatica è l'unica giusta ed il seguace deve attenersi a questa. Pensare diversamente è eresia e cercare di ragionare sulla correttezza e coerenza dell'interpretazione dogmatica è errore. Non si deve ragionare, ma avere fede.

4- Ciò che è in contrasto con la costruzione ideologica è eresia e deve essere ignorato

Bisogna porre attenzione al fatto che la concezione di contrasto/errore per una ideologia non è uguale a quella della scienza: l'errore scientifico è la falsificazione popperiana che viene cercata, mettendo alla prova la teoria e ne stimola la revisione o l'abbandono, è un elemento da prendere in considerazione ed ha una valenza positiva di controprova. Il contrasto con l'ideologia, poiché è un vulnus alla perfezione e verità della stessa, è qualcosa di malsano, non deve essere cercato, pena la emarginazione come eretico, ed anzi deve essere ignorato poiché è sicuramente frutto di una non perfetta comprensione della "vera verità" o di una sua distorsione da parte del fedele. Nelle religioni il contrasto con la verità dogmatica è spesso frutto di forze del male che vogliono mostrare l'utilità e quindi la giustezza di comportamenti diversi. Tutta la lotta alle tentazioni, da Gesù nel deserto a Padre Pio, non è che una lotta fra comportamento non utile nelle finalità immediate, ma corretto e comportamento utile, ma non corretto dal punto di vista dogmatico.

Se andiamo ad analizzare quanto affermato dai due economisti citati sopra, vediamo che rientra perfettamente nel comportamento del custode dell'ortodossia: per Blanchard il modello è corretto perché lo deve essere: non importa che storicamente non abbia mai funzionato e che il FMI abbia portato ogni paese al quale lo ha imposto alla distruzione di ricchezza ed alla deflazione o, se andava bene, ad una crescita stentata a costo di enormi sacrifici sociali (per dati e riferimenti cfr. Chang, Bad Samaritans), il modello è "giusto" perché conforme ai dettati. Se la realtà non risponde al modello ci deve essere un problema nella realtà, un fattore negativo che agisce contro.

Per Rogoff troviamo lo stesso meccanismo (se il ciclo del modello non funziona, c'é un'anomalia nella realtà, per cui si ha un ritardo nei tempi, ma le dinamiche saranno comunque quelle) ed anche il rifiuto/rigetto del contrasto: quando venne fuori l'errore nell'implementazione dei dati su cui era basato lo studio sugli effetti di un elevato debito pubblico sulla crescita, si scoprì anche dell'altro, ovvero che i dati utilizzati per il modello erano stati "aggiustati", dando un peso maggiore a quelli che coincidevano con la teoria e minore, o addirittura escludendo del tutto, quelli che ne contrastavano. Poiché la buona fede dell'insigne studioso non è in discussione, è probabile che questo meccanismo di sottovalutazione dei dati a contrasto debba essere spiegato con l'inconscia necessità di ribadire una verità assiomatica e nella convinzione che, in quei Paesi in cui le dinamiche erano contrarie all'assunto, vi fosse qualche anomalia, tale da non risultare accettabili per un calcolo statistico, che fossero, come si dice in gergo tecnico, dei "dummies".

Evidentemente una scienza, pur sociale, che procede per fede non può essere attendibile e può portare a gravi conseguenze: è notizia recente che, sempre il centro studi economici del FMI a capo del quale vi è Blanchard ha dovuto ammettere, sempre ex post, che la maggiore flessibilizzazione del lavoro non provoca un aumento della produttività ed una crescita dell'economia. Nel frattempo però in Spagna, in Grecia ed in parte anche in Italia si è proceduti, sulla base della teoria ora smentita, a togliere diritti ai lavoratori, a comprimerne i salari ed a rendere sempre più facile licenziare, precarizzando il futuro dei giovani. Risultato: disoccupazione a livelli inaccettabili, pari al 26% (anche in Italia l'ISTAT dà in aumento il tasso al 13%), redditi in forte calo, aumento del debito complessivo e prospettive di futuro incerto per i nuovi assunti.

In campo economico la fede non smuove le montagne, ma può far crollare gli Stati...

Nessun commento:

Posta un commento